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Noemi Durini, qualche riflessione su famiglia, scuola e certezza della pena



Noemi Durini, un nome come un altro, 16 anni, una vita davanti. Il 3 settembre scompare da Specchia, in provincia di Lecce; viene ritrovata senza vita dieci giorno dopo sotto una catasta di sassi nelle campagne di Castrignano del Capo. Autopsia svolta, i funerali pure. L’omicida è Lucio, il fidanzato reo-confesso, di un anno più grande che dice di averla uccisa con una coltellata al collo. Il corpo della ragazza però presenta lesioni plurime inferte a colpi di pietre. C’è un complice, il padre di Lucio che dalla Procura ordinaria di Lecce è formalmente indagato per sequestro di persona e occultamento di cadavere.

Questo è un rapido quadro di quanto successo. Voglio parlarne non alla “Barbarella” maniera, bensì con qualche riflessione in più.
Sin da subito mi viene da pensare che l’umanità non ha fatto nessun progresso: in un posto di campagna è possibile perpetrare un delitto del genere allo stesso modo di come lo si poteva commettere millenni di anni fa.

Noemi pare che sia uscita di casa alle 5 del mattino. In quale contesto? Come è stato possibile? La famiglia dove era? Noemi poteva essere scappata semplicemente di casa, senza tante storie. Se domani mattina alle 4 esco di casa, se va bene se ne accorge solo il mio gatto. Noemi viveva da sola con la madre, i genitori erano separati. E’ indice di qualcosa? Non si sa. La famiglia di Lucio invece? Suo padre, su facebook, definiva il rapporto tra i due ragazzi come “un cancro”. Qui inizia a sollevarsi una prima questione, l’uso dei social network, e badate bene che io li amo. I social, da che sono stati inventati, pare siano appannaggio solo dei giovani. Nulla di più falso nella precedente frase. I social sono usati da tutti ed azzardo a dire che noi giovani li conosciamo più a fondo e meglio dei nostri genitori. Non so cosa viglia dire essere genitore, di certo trovo sbagliato che un genitore si intrometta nella vita di coppia dei propri figli pubblicamente. Ben accetti i consigli privati. Alla madre di Noemi non piaceva Lucio, ed in effetti ci ha azzeccato.

La modalità del delitto? Ancora non la si sa con certezza. Pare un coltello e, se così fosse, ecco la premeditazione. Chi esce di casa con un coltello? Poi c’è il fatto delle pietre, Noemi è stata colpita con delle pietre? Può essere o forse no. Restano le lesioni plurime. Dimentichiamo con cosa siano state provocate e pensiamo che esprimono rabbia distruttiva attraverso la quale Lucio ha avuto “garanzia” della morte della vittima.

Noemi è stata bocciata. E quindi? Che vuol dire? Nulla. Parliamo però di scuola, dagli anni ’60 in avanti la capacità educativa della scuola è diventata più complessa. La scuola oggi ha una grande difficoltà nel farsi carico delle fragilità dei ragazzi e quando c’è, è affidata alla sensibilità individuale dei docenti. Si ha come la percezione che i docenti non hanno una vera e propria preparazione a monte.
La scuola un tempo era importantissima e faceva parte di una rete più grande formata da scuola/famiglia/vicinato/parrocchia/parentado che assieme svolgevano una funzione di controllo, di protezione e contenimento. Oggi? In alcune città a mala pena si conoscono i vicini. La realtà è parcellizzata e la scuola, di fatto, è radicalmente cambiata.

Parlo un attimo di Lucio. Confessa l’omicidio e quando esce dalla caserma rischia il linciaggio da parte della gente (una sanzione sociale, per fortuna, ancora c’è) però è soddisfatto a tal punto che saluta, come entusiasta e compiaciuto di quello che ha fatto. Mi viene da pensare: “Ma questo ha capito che ha fatto?”. Mi rispondo subito e dico di sì perché era ben deciso a punire. Assume però un atteggiamento poco consono alla consapevolezza perché ha l’arroganza di pensare di non essere punito e crede di salvarsi. In fondo lui ha un’idea violenta della vita. Ha un disturbo antisociale di personalità. Era lucido, premedita ed ha chiaro che uccidendo sotto i 17 anni avrà una serie di vantaggi; ecco perché tutto sommato esce salutando. E qui si tocca un altro tema: la certezza della pena.

Da un’intervista emerge che su 5000 ragazzi 1 su 10 alza le mani alle ragazze. Emerge che i minorenni lo fanno ancora di più e con percentuali più alte rispetto al passato. Si ha uno stravolgimento delle regole. Le ragazze poi, pare che si sentano addirittura rassicurate da questi soggetti violenti che tutto sommato con la loro possessività ed oppressione, infondono sicurezza.

Le mamme devono insegnare alle loro figlie a mollare questi soggetti. La violenza non fa parte di un rapporto sano. Le donne e le persone in genere non si devono toccare. Ognuno con le mani a casa propria.

Concludo dicendo che alla base di tutto ciò manca l’educazione sentimentale.
Se vi va qui potete leggere un articolo su Bullismo e buona famiglia

Pietro Alongi

2 commenti su “Noemi Durini, qualche riflessione su famiglia, scuola e certezza della pena

  1. Soprattutto gli uomini,anche i giovani purtroppo,non sanno elaborare i sentimenti, non li conosco come fondamento della loro vita. E però, caro Pietro,dobbiamo parlare, discutere,riprendere un dibattito pubblico per capire dove nasce,negli uomini,tanta violenza,tanto odio contro le donne.

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