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Philippe Daverio e la via Francigena




Spesso ci lamentiamo delle nostre città perché se uno vuole uscire non sa dove andare e cosa fare; alcune volte è vero, altre non è così. Il più delle volte, semplicemente, non sappiamo dove e quando gli eventi vengono organizzati. A volte non lo sappiamo per pigrizia nostra, altre perché effettivamente non sono state pubblicizzate a dovere.

In questi giorni a Pavia c’era il grande, immenso, magnifico Philippe Daverio. L’ho conosciuto in televisione, da ragazzino. Ogni domenica, finito il pranzo, non vedevo l’ora che cominciasse Passe-partout su Rai Tre per andare alla scoperta di “cose” rese fantastiche dalla bellezza, dalla storia, dalla cultura.

Luoghi, opere d’arte, città, castelli, palazzi: tutte bellezze. E non uso il termine “bellezze” per carenza lessicale, che è comunque tanta per carità, ma perché il “bello” è ampio e raccoglie tutto.

Il viaggio era alleggerito dalla spassosissima voce di Philippe Daverio. Una voce calma, pacata, lenta, con quella cadenza dettata dalla “r” alla francese. Un grande divulgatore che sa farsi ascoltare. Usa il mezzo televisivo in controtendenza; se impera l’aggressività del gridare e dell’alzare la voce, Philippe Daverio vince col suo silenzio che dice tanto.

Era a Pavia per parlare della Via Francigena, ma quando si ha tanto da dire si toccano vari argomenti.



Ha parlato della Regola benedettina, dicendo che era un manuale di convivenza incentrato sul rispetto reciproco.

Ha parlato del medioevo, dicendo che non abbiamo poi così tante testimonianze perché a quei tempi gli oggetti venivano utilizzati fino alla fine; chi aveva la spada la consumava a tal punto da farla diventare un coltellino da tasca. Una persona su due aveva un coltellino da tasca, ma anche quest’ultimo si consumava al punto da diventare una comoda vite.

Si è parlato del vino. Senza vino non si dice messa e allora ecco che i monaci irlandesi si sono messi a coltivare vigneti ed a fare vino. Le botti furono essenziali perché grazie alla loro invenzione fu poi possibile costruire le caravelle che permisero di scoprire le Americhe.

Ed ecco l’importanza della via Francigena, una strada che è servita per uscire dalla propria chiusura e per permettere di fare le proprie cose.

I grandi artisti, geni, letterati camminavano a piedi senza mai lamentarsi ed ecco che la ricchezza della via Francigena risiede proprio nel fatto che essa è stato un luogo di comunicazione di valori, di idee e di persone.

In foto sono con la mia amata professoressa di Storia dell’Arte delle superiori Anna Fascia, nonché grande dispensatrice di consigli. Ah, con noi c’è anche Philippe Daverio! E’ sempre un piacere rivederla perché mi ha insegnato molto sull’arte e soprattutto mi ha insegnato ad osservare la cultura che si manifesta anche con l’arte. Se oggi giro per una città e riconosco qualcosa, è grazie a lei. Una grande professoressa e soprattutto una grande donna con la quale è sempre piacevole parlare. Grazie!

Pietro Alongi

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3 commenti su “Philippe Daverio e la via Francigena

  1. La via Francigena….ne avevamo un “pezzettino” anche a Pavia..purtroppo ora è in un degrado che fa male al cuore di chi la percorre per fare quattro passi, per correre, per passeggiare o solo per ammirare la campagna…tutte o quasi tutte, le recinzione in legno sono crollate e nessuno ripara niente, gli alberelli, numerosissimi, non sono stati mai curati e crescono selvatici e rachitici, l’asfalto fa pena…eppure sono sta ti spesi dei soldi! La solita incuria italiana, non riusciamo a tenerci ne a migliorare proprio nulla, che peccato!!

    1. Speriamo in tempi migliori in cui si possa mettere al centro la cultura, in tutte le sue forme. Anche il saper mantenere viva un pezzo di strada che sa di storia vuol dire cultura.

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