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Ho paura della società che siamo diventati

Sulla vicenda della persona morta ammazzata da un colpo di pistola a Voghera voglio dire poche cose.

Parto dalla prima, in cui credo molto: il lavoro che facciamo non sempre viaggia di pari passo con l’essere brave persone. Se sei un insegnante o un assessore non per forza sei automaticamente una brava persona. 

Essere di un partito politico preciso, in tal caso della Lega, lascia ancora una volta il tempo che trova; conosco giovani amministratori locali ben lontani da quello stereotipo Lega anni ‘90 di Roma Ladrona e “no ai terroni/albanesi/neri”, “ha fatto bene a sparare”.

So per certo che tra i miei compagni del Partito Democratico nessuno gira armato. E se uno di noi fosse intervenuto durante una lite, credo che il morto non ci sarebbe scappato. Ah, altra cosa: se vedo armi in giro non mi sento più sicuro quando vado in giro.

Non so cosa è successo a Voghera, la magistratura farà il suo corso e speriamo che giustizia sia fatta e che quella persona morta non venga dimenticata solo perché leader politici hanno già iniziato a raccontare la loro versione comoda dei fatti. 

So una cosa, ho paura.

Youns El Boussettaoui, il 39enne ucciso ieri a Voghera, era diventato un senzatetto che girava senza maglietta, beveva, puzzava, faceva qualche dispetto ai bar della zona, aveva dei problemi psichici. 

Youns El Boussettaoui, soprannominato “Musta”, era diventato un peso per la società, per tutti noi; un peso (chi mi conosce capirà tutti i miei termini) anche per la famiglia che da quanto si legge stava facendo tanto per aiutarlo. Youns El Boussettaoui era diventato uno “scarto” della società; e si diventa “scarto” quando si è “scartati”, dimenticati, abbandonati da tutto e tutti. 

Sapete di cosa ho paura? Non tanto di diventare come “Musta”, perché nella vita ci sono “alti e bassi” continui, si gioisce e poi si cade, si possono avere problemi esistenziali passeggeri/durevoli, si cade, ci si rialza, si piange e si ride.

Se diventassi come “Musta” avrei paura di incontrare un amministratore locale, quindi un esponente delle Istituzioni, che non mi tende una mano piena di aiuto ma una mano con in pugno una pistola con il colpo in canna. Una mano il cui dito preme con forza il grilletto. Una mano che uccide, mi uccide. 

Chissà, cosa ha provato “Musta” in quell’attimo prima di chiudere gli occhi per sempre.

La dinamica di quanto è accaduto è il nulla assoluto se paragonato a quell’ultimo pensiero di Musta un attimo prima di morire. In questa dolorosa vicenda, figlia della diseguaglianza e dell’esclusione sociale, giustizia deve essere fatta.

Al di là di come andrà, ho paura. Ho paura della società che siamo diventati.

Pietro Alongi