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Un nuovo 11 settembre

Il Coronavirus ha scosso tanti aspetti della società: il sistema sanitario nazionale, l’economia, la politica, l’essere comunità, il nostro io. 

Le giornate sono cambiate: nulla è come prima e azzardo a dire che nulla sarà più come prima; per me il Coronavirus è un nuovo 11 settembre e ci saranno inevitabilmente molteplici conseguenze in tutti i campi.

Inizio con il dire una cosa: è vero che stiamo vivendo tempi bui ma sono sempre più convinto che il buio altro non è che assenza di luce. Andrà tutto bene e torneremo più forti di prima; ne sono convinto.

La sanità: 

Medici, infermieri e OSS sono in prima linea per curarci: grazie. I numeri fanno paura. I contagiati crescono in maniera esponenziale e i posti letto di terapia intensiva iniziano a mancare. Si fa di tutto ma non mi sembra essere abbastanza. In Cina hanno costruito un ospedale in 10 giorni mentre qui in Italia si è solo parlato di utilizzare lo spazio di Fiera Milano per adibirlo ad ospedale. Si è solo parlato e ora non se ne sente parlare nemmeno più.

I nostri ospedali hanno bisogno di ventilatori polmonari che aiutano le persone con insufficienza respiratoria a respirare o, nei casi più gravi, sostituiscono il respiro del paziente. 

I ventilatori polmonari vengono prodotti da quattro aziende al mondo; per fortuna in Italia ne abbiamo una: si chiama Siare Engeneering e si trova nel bolognese. E’ nata nel 1974 e i 35 dipendenti riescono a produrre 40 ventilatori polmonari a settimana: 160 al mese. 

Venerdì 6 marzo il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte telefona personalmente alla Siare e chiede 2000 ventilatori polmonari. Subito l’azienda annulla tutte le commesse con i 72 paesi del mondo, alza la produzione a 500 ventilatori al mese e decide di vendere solo all’Italia. 

Giuseppe Preziosa, 75 anni, presidente e fondatore di Siare, dice che vuole lasciare un bel ricordo di sé. Un ventilatore polmonare costa in media 17 mila euro ma ora viene venduto a 9 mila euro: l’azienda tiene la marginalità industriale cedendo completamente il margine commerciale. Ai 35 dipendenti si aggiungono 25 militari specializzati che partecipano nelle filiere produttive.

L’economia:

E’ già cambiata e facciamo finta di non accorgercene. È in atto da tempo la trasformazione digitale. Per troppo tempo addossiamo ad Amazon tante colpe senza capire che il futuro va da quella parte lì; è giusto? Sbagliato? Non so. Più che guardare ad Amazon bisogna trovare risposta a come un piccolo imprenditore può inserirsi in questo contesto.

I numeri dicono che a causa del Coronavirus chiuderanno 15 mila attività e 65 mila persone perderanno il lavoro. Bene gli aiuti dello stato di bloccare le tasse. Ma dopo? Che ne sarà quando la pandemia terminerà? Stiamo pensando al dopo?

In questi giorni tanti stanno utilizzando lo smart working, riuscendo a lavorare da casa. Spero che questa misura usata ora in tempo di urgenza possa essere la regola per il domani di modo che si possa conciliare meglio l’equilibrio vita-lavoro.

La politica e il lassismo:

Quando in un paese c’è malcontento qualsiasi cosa si butta in politica e ci sono state tante polemiche: tra i politici stessi o tra i cittadini e i politici o ancora tra l’Italia e l’Europa. Non mi va, ora, di alimentare e mi limito a dire che dobbiamo ricostruire il senso delle istituzioni.

Il tempo e le relazioni sociali:

Il tempo si è fermato. In alcuni momenti della giornata mi chiedo se è venerdì o sabato. A volte non so nemmeno che ora è. 

Ho fatto videochiamate con amici e colleghi di lavoro utilizzando WhatsApp, Facebook, Google Meet e Skype. Ci si vede comunque, in modo diverso. E’ da giorni che non ho un contatto fisico con nessuno, oggi mi ha sfiorato per sbaglio mio papà. Non do più nemmeno il bacio alla mamma. 

Ho ricevuto tantissimi messaggi perché ognuno aveva qualcosa da chiedermi su come interpretare il decreto e le restrizioni. In tanti mi hanno scritto per sapere come stava la mamma dopo la rivolta nel carcere di Torre del Gallo, per fortuna sta bene; il carcere meno, ho letto che sono stati fatti più di 1 milione di euro di danni.

I ragazzi e la scuola:

In questi giorni ho sentito i miei ragazzi su Instagram, ho scambiato qualche mail con loro e i genitori. La noia sta invadendo le loro giornate e hanno sincera voglia di tornare a scuola. Diciamolo: la scuola piace a tutti. Può non piacerci studiare ma la scuola non è solo studio. 

In classe ho chiesto più volte il motivo per cui i ragazzi vengono a scuola: “per gli amici”, “per conoscere le ragazze”, “per vedere quel tipo che mi piace”. La scuola è proprio un contenitore sociale. E’ a scuola che i ragazzi tessono le loro relazioni  nell’indotto scolastico: in strada, nel piazzale di ingresso, in stazione, sul treno o sul pullman. Tutto questo ai nostri ragazzi manca, quei luoghi sono vuoti. Non possono uscire di casa, vedersi, abbracciarsi, baciarsi. 

E il tempo non si recupera, purtroppo. Ancora oggi sono arrabbiato perché non abbiamo fatto la gita di quinta. 

Vi invito ad ascoltare due canzoni: Adesso di Diodato e Ma il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano.

In foto dei tulipani che ho in giardino perché la natura mi ricorda la normalità e il tempo che scorre.

Andrà tutto bene,

Pietro Alongi